ROMA (Agenzia DIRE) – Sono 29 e gareggeranno in 12 discipline, gli atleti che a Tokyo 2020 rappresenteranno gli 80 milioni di sfollati e rifugiati nel mondo. La squadra olimpica di rifugiati è stata ufficialmente approvata oggi dal Comitato internazionale
olimpico (Cio). “Quando finalmente arriverete a Tokyo, il 23 luglio, invierete un potente messaggio di solidarietà, resilienza e speranza al mondo”, ha detto il presidente del Cio, Thomas Bach, che ha poi aggiunto: “Siete parte integrante della nostra famiglia olimpica e vi diamo il benvenuto a braccia aperte”.
La squadra dei rifugiati nata nel 2015. La squadra olimpica di rifugiati (Ioc Refugee Olympic Team) è stata istituita nel 2015 grazie alla collaborazione tra il Cio e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ed è supportata attraverso il programma Olympic Scholarships for Refugee Athletes. Questa categoria di atleti che non rappresenta una nazione bensì tutte le persone costrette a lasciare le proprie case per via di guerre e violenze. La prima partecipazione risale ai Giochi di Rio, nel 2016. A causa della pandemia, le Olimpiadi di Tokyo sono slittate di un anno e c’era attesa per l’annuncio della squadra di rifugiati, di cui 19 uomini e dieci donne, che ai Giochi saranno accolti dalle delegazioni di 14 Paesi, tra cui Germania, Canada, Russia, Kenya e Trinidad e Tobago.
Gli 11 Paesi di provenienza, tra i più pericolosi. Gli atleti invece, provengono dagli undici tra i Paesi più rischiosi al mondo: ben nove, ossia la maggior parte e provengono
– dalla Siria, afflitta dal 2011 dalla guerra e dalla conseguente crisi economica.
– dal Sud Sudan, con quattro atleti, che ancora non ha superato le violenze della guerra civile
– dall’Afghanistan, con tre giovani atleti, un Paese ancora alle prese con un conflitto interno pluridecennale.
– dall’Iraq, con un solo atleta
– dall’Iran, con cinque giovani
– e poi: dall’ Eritrea, dal Camerun, dal Sudan, dalla Repubblica del Congo (ex colonia francese), dalla Repubblica democratica del Congo (ex colonia belga) e Venezuela, tutti Paesi afflitti da una forte instabilità interna, da dove giungono denunce di persecuzioni,
arresti arbitrari e anche uccisioni.
La stima delle Nazioni Unite. Secondo l’ultima stima dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, nel 2020 si sono contate oltre 80 milioni di persone costrette a lasciare le proprie case a causa di guerre e conflitti. Di queste, 26 milioni risiedono all’estero con lo
status di rifugiato.